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L'integrazione degli "altri" allora e oggi
Possiamo comodamente descrivere Venezia come l'originale melting pot culturale, la New York del 1600, il mondo in una sola città. Un luogo dove le culture si incontrano e imparano l'una dall'altra, dai tempi della Serenissima a oggi.
“Venezia, la casa dell'altro" è una visita guidata sull'integrazione dei migranti attraverso il lavoro e l'imprenditorialità a Venezia nella storia e nell'epoca moderna. La Human Safety Net ha sostenuto il tour e ha come tappa finale la nostra Casa alle Procuratie Vecchie.
Nel corso della storia, Venezia e la Repubblica di Venezia hanno ospitato persone ed etnie diverse con intenti essenzialmente commerciali e pratici. Tuttavia, essi divennero una parte integrante del tessuto cittadino veneziano. Perché con le merci e l'oro arrivavano le persone, e con le persone arrivavano cibo, nuovi vocaboli, padronanze e arte. I nuovi arrivati rendendo Venezia più ricca e più varia.
Dai dalmati, dagli abitanti dell'entroterra dalmata, dai greci, dai turchi, dagli albanesi, dai serbi, dal popolo ebraico e dagli arabi, i veneziani presero in prestito parole, spezie, strumenti, conoscenze, mestieri e influenze artistiche. Questi popoli avevano le loro strade, i loro quartieri, le loro fabbriche, i loro magazzini e le loro botteghe, che li rendevano pienamente integrati nella società della Serenissima.
“Venezia, La casa dell'altro" guida i visitatori attraverso i luoghi storici in cui i migranti esercitavano i loro mestieri all'interno della città. Ma mostra anche esempi moderni di integrazione lavorativa, come la bottega del mastro vetraio Moulaye Niang, detto Muranero. Dopo gli studi a Parigi, Muranero, senegalese di nascita, si recò a Venezia per studiare la lavorazione del vetro sotto la guida del maestro veneziano Pino Signoretto. Moulaye decise di rimanere a Venezia e di aprire la sua bottega, dando una forte impronta africana alle sue creazioni e avvicinando così due mondi molto lontani.
La storia di Hamed Ahmadi è un po' diversa. È arrivato a Venezia dall'Afghanistan come studente intorno al 2006 per presentare alcune delle sue opere alla Mostra del Cinema di Venezia. Ha chiesto asilo politico perché non poteva tornare in patria a causa del suo attivismo artistico. Ha trascorso alcuni anni in una struttura vicino a Venezia dove ha incontrato numerosi rifugiati provenienti da tutto il mondo. Queste persone si riunivano ogni domenica per cucinare il cibo della loro patria, dandosi cambio ai fornelli ogni settimana. Da questo informale melting pot gastronomico è nato tutto. Hamed ha trovato un negozio di kebab che stava chiudendo e ha aperto il food shop Orient Experience, che oggi opera in tre sedi e dà lavoro a numerosi rifugiati a Venezia.
La Serenissima di qualche secolo fa e Venezia oggi possono insegnarci alcune cose, ma la più importante è che attraverso il lavoro e l'imprenditorialità facilitano l’integrazione.